sabato 7 maggio 2011

una fonte di energia inesauribile

Oggi, dopo molti anni (forse anche due decenni), sono andato a prendere da mangiare ad un take away cinese. L'ho fatto perché mia figlia me lo ha chiesto e mi sono reso conto che a 13 anni non aveva ancora assaggiato il cibo cinese. Tanti racconti e leggende, e tante esperienze di vita vissuta di responsabili di igiene delle USL mi avevano allontanato da una delle scoperte culinarie più esaltanti avute in gioventù.

Mi sembrava ingiusto che mia figlia, che i racconti e le leggende sulla cucina cinese li ha sentiti fin da piccola, non si fosse mai confrontata con quei sapori. Ero in un centro commerciale (...) dove il take away cinese ha preso il posto di un MCDonald. Anche questa contrapposizione mi attirava.

Ho ordinato a un signore cinese, dietro al quale stava un cuoco cinese, che dava gli ordini ad una giovane ragazza italiana. La cosa mi ha colpito. Colpito positivamente, senza indagarne i motivi. Chi ha preso gli ordini, cinese, era chiaramente il capo, la ragazza, italiana, la commessa assunta dal capo. Altra cosa che mi ha colpito che la ragazza scambiasse qualche battuta, forse erano solo alcuni vocaboli, in cinese con il "padrone". Il rapporto tra i due era molto amichevole e complice. Continue battute, lui ha sbagliato i conti, la ragazza gli ha fatto vedere dove, lui ci ha riso sopra e raccontato agli altri, dietro le quinte, cose a me incomprensibili che hanno suscitato plateale ilarità. Ho fatto qualche domanda alla ragazza italiana per capire se avesse affinità con la Cina o direttamente con i gestori: nulla, "sono qui per lavorare".

Tornando a casa ho cercato di capire meglio il senso di positività che ho provato. E ho trovato due dimensioni alla mia reazione:
1) la ragazza aveva un lavoro perché un cinese le aveva dato un'opportunità,
2) le relazioni che si erano create in quell'ambiente di lavoro erano positive.

Sono due dimensioni che di questi tempi non sono poco. Oggi è il giorno dello sciopero generale della CGIL, pochi giorni fa ci sono stati i dati dell'ISTAT, subito contestati perché sottostimati, che dicono che la disoccupazione giovanile è ormai oltre ogni limite sostenibile, l'INPS dichiara trionfante che sono calate le ore di cassa integrazione (per forza sono ormai finite e sono tutti a casa senza CIG) . Qualche giorno fa le manifestazioni dei precari, che ormai sono la maggioranza dei nuovi lavoratori, quotidianamente notizie di aziende di qualche centinaio di dipendenti che chiudono (non più stato di crisi o cassa integrazione, chiudono direttamente). Anche se lo si legge poco sui giornali, questa è la realtà che ognuno vive nel suo ambito di relazioni (oppure sono io che conosco solo persone coinvolte in situazioni del genere?).

Ecco allora che mi si affaccia alla mente una prospettiva cui non avevo pensato: ma se ci servissero solo nuove energie per trovare un nuovo equilibrio? Forse chi viene da fuori del nostro demotivato ambiente europeo ne ha, forse chi viene dall'esterno di un paese che non parla più di futuro ma solo di "ora e subito"  a tutti i livelli riesce a metterne in campo. Forse chi viene da fuori ha la capacità di vedere diversamente le cose, e quindi prendere decisioni diverse e fare cose diverse.

Proviamo a vederla così. Il centro commerciale, piuttosto nuovo, è in realtà da sempre poco frequentato. Negozi che cambiano in continuazione, molti spazi che rimangono inutilizzati per molto tempo. McDonald, che ha i suoi standard di redditività da rispettare, chiude. Persone che rimangono senza lavoro. Al suo posto una famiglia cinese, decide di aprire una iniziativa. Si sa, i cinesi hanno altri parametri su tutti i livelli (e vorrei vedere con la storia che hanno). Aprono e assumono italiani che nessuno avrebbe mai assunto. Se chiude un McDonald, figurati se qualche altro imprenditore nel food investirebbe in quel luogo. Il cinese ha meno pretese? Il cinese non conosce la realtà e fa un azzardo? Non lo so, ma lo fa.

Continuando nel ragionamento mi è venuto in mente che in un sushi take away (sembra che io frequenti solo take away, ma non è così!) ho trovato una situazione esattamente opposta: padrone italiano (altra giovane ragazza) e lavoranti giapponesi.

Da questi due esempi, molto piccoli e all'apparenza insignificanti, ho pensato di avere trovato una attuazione concreta di un concetto, forse banale: non è il prevalere di un atteggiamento rispetto ad un altro che fa la differenza (il cinese è più positivo dell'italiano o viceversa), ma è proprio il confronto tra gli atteggiamenti diversi che fa nascere nuove opportunità ed energie.

Non è il cinese, il giapponese o l'italiano (il francese, il peruviano o l'indiano....) che singolarmente hanno più o meno coraggio, ma è dal confronto delle aspettative e dei valori che ognuno si porta dentro che possono nascere nuove opportunità. Banalità? Beh, io non lo credo. Pensiamolo a livello più alto. Le stesse cose stanno succedendo nell'industria. Esempi? Mille, vediamo i più eclatanti: Parmalat e Lactalis, Fiat e Chrysler, aggiungo Alitalia per chi ha la memoria corta.... (ma ce ne sono ben di più), tutte vicende che mediaticamente si giocano sull'italianità o meno delle imprese. A cosa serve l'italianità? A far stare meglio chi ci lavora? Ad avere più occupazione? A mio avviso l'unico risultato che porta l'italianità è l'impoverimento del patrimonio genetico, cioè delle idee che possono generare valore.

Valore per chi? Già, forse questo è il punto. Per chi ci lavora o per chi vuole usare quella impresa come leva per il consenso? Sappiamo l'uso che è stato fatto di Alitalia in campagna elettorale, sappiamo che Parmalat è l'acquirente di molti produttori di latte di mucca della pianura padana (mentre in sardegna i "pecorari", che fanno latte anche loro, sono senza coperture politiche e ormai allo stremo), sappiamo dell'irreale dibattito su dove sarà la testa o il cuore di Fiat... a me piuttosto interessa sapere chi e dove ci lavorerà e come.

Forse l'apertura a nuovi stili di management, a diversi modi di vivere, a diverse aspettative di vita e di benessere è essa stessa un fattore che fornisce nuovi apporti ad un sistema che non funziona più?

Proprio ieri ho visto un servizio su rainews24 (se lo ritrovo metto il link, oggi il sito di rainews24 non è in forma) in cui interi paesi della Calabria sono rinati con l'afflusso di immigrati. Paesi che stavano scomparendo per l'emigrazione, paesi con case vuote e abitati solo da anziani, che oggi sono pieni di bambini che giocano per le strade. Sono i bambini degli immigrati che hanno trovato un equilibrio tra il lavoro e la sussistenza, e che in questo equilibrio si sono trovati bene. Meglio di come erano, dirà qualcuno. Ma quei paesi e quel territorio hanno trovato più energia. Gli anziani che sono contenti di vedere bambini per le strade che giocano, scuole che stavano chiudendo che ritrovano alunni, negozi che riaprono... E quei bambini saranno adulti.

Che la fonte maggiore di energia stia proprio nel mescolamento (ineluttabile) di nuovi e diversi modi di vivere? Allora che senso ha resistervi? Non varrebbe la pena costruirci sopra una strategia più seria?

Fino ad ora abbiamo vissuto un mescolamento a senso unico: l'europa ha assorbito la cultura americana. Abbiamo preso tutto il bene e tutto il male possibile. Ora però la globalizzazione, che è stata pensata inizialmente come egemonizzazione del globo da parte di una sola parte, si sta rivelando come un melting pot di tanti altri mondi e approcci, dove qualcuno sembra prevalere ma poi si scopre che non è vero. Vincono gli USA? La Cina? Il Brasile, l'India, la Russia?....

Questa sera vado a letto con la convinzione di avere trovato un lato buono di una globalizzazione che è diventata (sta diventando) multicentrica.
Sta fornendo energia a quanto abbiamo di più prezioso: la nostra testa.
Perché senza usare la testa nessun cambiamento è possibile, in nessun luogo del mondo.

2 commenti:

  1. Ottimo articolo. Una sinistra che ragiona, che non ha paura della globalizzazione, che non è ossessionata da Berlusconi, e che vede l'uomo (indipendentemente dal passaporto) come la risorsa fondamentale. L'uomo che lavora e che ha bisogno di lavorare, e l'uomo che crea lavoro e valore anche e necessariamente per altri.
    Vero e noto quello che dici sulla strumentalizzazione della vicenda Alitalia, ma la vera e più forte forma di clientelismo elettorale è il lavoro "statale," con diritti intoccabili (privilegi) che non sono estesi al resto del lavoro, e certamente non estesi alla dipendente italiana del ristorante cinese.

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  2. Concordo. L'energia che hanno gli immigranti non è la stessa di noi italiani: è molta di piu.
    Ed anche in creatività abbiamo solo da guadagnare dalla globalizzazione. Il credito telefonico usato come conto corrente per microtransazioni lo hanno inventato e messo su in africa quando noi ancora non ci siamo ancora arrivati. Eppure era sotto il nostro naso. Ne vedremo delle belle.

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