martedì 17 maggio 2011

Investimento infrastrutturale

Un racconto. Con un finale ancora da scrivere. Ci vuole un po' di tempo, prendete fiato.

Scena 1: sul lavoro
Pochi giorni fa, nel corso di un incontro di lavoro, mi è stata fatta una domanda inattesa: "se tu potessi scegliere di investire su una infrastruttura pubblica, verso quale direzione andresti?". L'ambito è quello dell'ICT, dove ho ormai passato 30 anni di vita scolastica e professionale, e nella testa mi frullavano le tante ipotesi su cui avevo già ragionato e lavorato. Ma in quel momento (alle volte anche il piccolo stress generato da uno stimolo inatteso produce nuova energia mentale) ho dato una risposta su cui mai avevo fatto ipotesi concrete. La mia risposta è stata: "investirei sul cambiamento nella testa della gente. Il mondo sta cambiando ma in pochi ci stanno ragionando e se non ci sono persone predisposte al cambiamento nessuna infrastruttura tecnologica potrà mai produrre effetti positivi". Credo di avere destato nei miei interlocutori quantomeno una certa perplessità.... (o forse peggio!). Il problema è che ho generato in me il bisogno di dare sostanza a quello che avevo detto. E non ci sono ancora riuscito completamente.
Sipario.

Scena 2: in libreria
A distanza di poche ore sono in una libreria alla presentazione di un libro di un amico. Con me un gruppo di persone reduce da un convegno sul tema Open Data. Relatore, tra gli altri, Alberto Cottica. Percepisco in molti entusiasmo sull'intervento di Cottica, che li spinge a comprare in massa il suo ultimo libro wikicrazia. Mi raccontano anche di altre persone, comuni conoscenti, che durante il convegno hanno mostrato sorpresa e interesse per l'approccio di Cottica. La cosa mi colpisce, perché la posizione di Cottica è nota da tempo, ampi stralci del suo libro sono disponibili su web, se ne è discusso in rete e sono praticamente certo che molti di loro ne avevano già letto e letto commenti su di esse. Ma allora come mai tanta sorpresa e entusiasmo per cose in un qualche modo già conosciute? Secondo me la risposta sta in due dimensioni:
  • hanno visto parlare Cottica (N.B. visto, non sentito);
  • lo hanno fatto nella comunità, anche se temporanea, dei partecipanti al convegno.
Hanno provato l'energia della persona che parlava e l'hanno vissuta con tutti i presenti al convegno. 

Invidioso dell'energia che ognuno di loro trasmetteva, ho indagato per capire se esisteva qualche traccia del convegno, magari un video....  praticamente impossibile: l'organizzazione di un convegno non è facile di per sé, se poi bisogna organizzare anche la registrazione, avere qualcuno che si occupa del successivo montaggio dei video, renderli disponibili in rete....
Non solo, ma scopro che il convegno ha ricevuto un tale numero di registrazioni che è limitato alle sole amministrazioni vicine. Battuta qualunquista, scontata e facile: convegno chiuso sugli open data!
Mi tengo la mia invidia, comincia la presentazione del libro e mi concentro su quella.
Sipario.

Scena 3: su TED.com
Flashback. Oxford, Luglio 2010
Siamo a TEDGlobal 2010, il talk che ci interessa è quello del fondatore Chris Anderson.   

Nei 18 minuti canonici spiega in maniera formidabile come lo strumento del video in rete stia accelerando la capacità di innovazione della moltitudine: Crowd Accelerated Innovation. Il talk va visto, raccontarlo qui significa allungare il post e degradare il messaggio di Anderson. 18' fondamentali per seguire la trama. E' parte integrante della scena: non potete non vederlo se volete proseguire.
(sub ita per i "diversamente anglofoni" come me).


Anderson fornisce un paradigma nuovo: la trasmissione scritta della conoscenza è l'unica cosa che fino ad oggi ci potevamo permettere. Ma la relazione tra essere umani è infinitamente più efficace se vengono coinvolti tutti i livelli relazionali. Questo lo sanno tutti gli esperti di comunicazione: il contenuto informativo che passa attraverso la comunicazione non verbale è enormemente superiore a quello passa attraverso il messaggio esplicito. C'è chi dice che il 90% è non verbale. Tutto questo lo sanno bene i pubblicitari, gli attori, i registi.... Se poi aggiungiamo le immagini (slide o filmati) facciamo leva sulla memoria visiva, che è la più efficiente. Altro particolare fondamentale: un talk a TED non puo' durare più di 18 minuti. Ci sono altri format, ma per tutti il tempo è fondamentale. Senza questo vincolo temporale non funzionerebbe così bene.
In più, aggiungo io, l'asincronia del video in rete consente di rivederlo ogni volta che è necessario, proprio come siamo abituati a fare con un testo scritto quando torniamo indietro per rileggere un passaggio. Anderson ne parla come di una forma comunicativa su cui basare una formazione continua per la moltitudine e dalla moltitudine per accelerare l'innovazione. Una formazione che non si ferma agli studi, ma che continua e diventa metodo di vita.
Sipario.

Scena 4: corso di pedagogia delle risorse umane
Il nome è orrendo ("risorse umane" intendo), ma così è. Il docente lo ha reso molto piacevole. Riprendo gli appunti di due ore intense, con concetti sui capisaldi della disciplina, sull'intreccio dinamico di formazione e lavoro, sull'autoeducazione continua come chiave di sviluppo dell'adulto.

Istruzione che insegna 4 dimensioni essenziali: conoscere, fare, essere, vivere insieme (rapporto Delors per UNESCO - 1996).

Dalle enunciazioni di principio dell'UNESCO al pragmatismo della raccomandazione del parlamento e consiglio europeo del 2006 agli stati membri che definisce le 8 competenze chiave "di cui tutti hanno bisogno per la realizzazione e lo sviluppo personali, la cittadinanza attiva, l’inclusione sociale e l’occupazione" invitando gli stati membri ad attuare strategie per innalzare progressivamente il loro livello.
Ecco le 8 competenze chiave:
  1. comunicazione nella madrelingua
  2. comunicazione nelle lingue straniere
  3. competenza matematica e competenze di base in scienza e tecnologia
  4. competenza digitale
  5. imparare a imparare
  6. competenze sociali e civiche
  7. spirito di iniziativa e imprenditorialità
  8. consapevolezza ed espressione culturale
Vengono poi messi in evidenza vincoli e opportunità per il processo formativo dati dal contesto sociale:
- modificazione del rapporto con il tempo: velocità come valore (e lentezza come disvalore);
- indebolimento dei legami comunitari;
- società eticamente neutra: assenza di punti di riferimento che rendono difficile il cambiamento;
- società dell'informazione e barriere di accesso;
- iperspecializzazione che limita l'uso dell'interdisciplinarietà.
- .....

La domanda: ce la può fare il nostro sistema scolastico a trasmettere le competenze dalla 5 in poi? Per me, nel breve periodo, la risposta è un no secco. Per due motivi:
- non è con una riforma che si risolve, ma con un lavoro di lungo periodo sugli insegnanti;
- molte sono competenze che non si imparano, ma devono essere vissute.
Ma allora cosa posso fare per mia figlia che comincia l'anno prossimo il liceo? Devo trovare un modo per integrare l'istruzione formale (quella scolastica) con occasioni di educazione informali che le trasmettano queste competenze, gliele facciano vivere. E dove trovo queste occasioni tra gli impegni famigliari, lo sport e il pianoforte che non intende certo abbandonare?
Con un po' di angoscia, quella di tutti i genitori, si chiude il sipario

Scena 5:  tra me e me
Innovare significa trasformare la conoscenza in benessere.
E' una personale re-interpretazione di quanto diceva il fondatore della Xerox, che suonava più o meno così: "la ricerca è trasformare la ricchezza in conoscenza, innovazione è trasformare la conoscenza in ricchezza", ma io preferisco la mia dove il fine dell'azione innovativa è più ampio del denaro.
(N.B. senza Xerox non ci sarebbe stata l'Apple che conosciamo e molto altro ancora)

In una società dove tutto è predefinito da manuali e procedure, innovare è un esercizio riservato a pochi, che innovano per gli altri. In una società in continuo cambiamento l'esercizio diventa un esercizio di massa. Una necessità, più o meno consapevole, a livello del singolo e delle organizzazioni: chi si arrabatta per arrivare a fine del mese, chi scopre che i propri stili di vita sono in contraddizione con i propri principi, chi sa che prima o poi il suo posto di lavoro non sarà più tale, chi in azienda deve pensare a nuovi prodotti e scoprire nuove reti e filiere con altre aziende, chi nella ricerca deve capire su cosa indirizzare le proprie energie, chi nella pubblica amministrazione cerca di capire dove tagliare di meno o dove spendere quel poco che si può spendere, chi ha il mandato di curare gli interessi collettivi....

Fare innovazione, cioè cambiare qualcosa di quello che fino ad ora è stata una certezza nel proprio modo di operare, non è un percorso semplice. La resistenza al cambiamento si vince con due ingredienti:
  • esempi positivi 
  • condivisione del percorso con altri
Come dare gambe a un processo di innovazione "di massa", cioè creare le condizioni per conoscere, vedere, toccare esempi positivi e generare comunità (o meglio community, come suggerisce Cottica), nelle quali adattarli o costruirne di nuovi, vedere che "si può fare"? In che modo abilitare al cambiamento il maggior numero possibile di persone? I video di Anderson non bastano per fare un sistema.

Qui mi fermo perché non riesco a trovare la chiave per andare avanti.

Prima di cambiare scena comincio a rileggermi wikicrazia di Cottica dove il valore della community è centrale.
Sipario

Scena 6: capitale sociale
Molti responsabili del personale di aziende, perlomeno quelli più illuminati, misurano il valore delle organizzazioni complesse di cui hanno la responsabilità in termini di competenze dei singoli e del modo con cui i singoli sono in relazione informale tra loro a prescindere dal livello gerarchico e dal ruolo. Il network delle relazioni informali è quello che consente ai singoli di raggiungere obiettivi e risolvere problemi in modo efficace e quindi contribuire efficacemente agli obiettivi aziendali.

E' il tentativo di misurare il capitale sociale d'impresa. Ci sono studiosi che hanno affrontato la materia a livello sociologico. Mi addentro in un terreno che non conosco, quindi semplifico e banalizzo. E forse farò degli errori.

Sono nate metodologie di misurazione delle reti di relazioni informali nelle aziende e strategie per rendere le reti informali più efficaci, in quanto è proprio su tali reti informali che si rafforzano le stesse competenze dei singoli e collettive, utili al funzionamento dell'azienda e si innestano percorsi di funzionamento non prevedibili a priori.


Se volessimo misurare il capitale sociale di un territorio, o di una nazione, in quanto misura della capacità di quel sistema territoriale di essere utile a sé stesso, cioè di creare benessere locale, dovremmo quindi ragionare sia sulle competenze dei singoli sia sulle reti di relazioni formali e informali che ci sono tra loro. Prendendo in considerazione, oltre ai singoli, anche le organizzazioni che su quel territorio operano: aziende, associazioni, enti pubblici, organizzazione di categoria, comitati di cittadini.... ognuna della quali ha un proprio capitale sociale. Una misurazione seria dei valori assoluti non è possibile né sensata, ma sappiamo che il valore dipende da due fattori: competenze e relazioni anche informali. Quindi è su queste che bisogna agire se si vuole accrescere la capacità di generare benessere, cioè la capacità di innovare.

Semplificando ed estremizzando: assegniamo al sistema scolastico il compito di trasmettere le competenze. La possibilità di incidere sul sistema scolastico, materia di legislazione concorrente, è di fatto estremamente limitata per il livello di governo locale (in realtà non è vero, ma sto semplificando). Ma è invece proprio il livello locale che può incidere maggiormente sul sistema delle relazioni informali, cioè quelle che non rispondono alle logiche gerarchiche o ai ruoli formalmente ricoperti.

Conclusione: il livello di governo locale può accrescere il capitale sociale locale se attua una strategia volta a favorire lo sviluppo di reti informali sul proprio territorio, tra tutti gli stackholders che ne fanno parte. Non solo, quindi, assegnando ruoli e funzioni a organizzazioni, strutture e persone, ma puntando strategicamente anche sulle relazioni, dalle quali dipende in massima parte l'efficacia dello scambio di informazioni, della diffusione di conoscenze, della diffusione della fiducia, della spinta all'innovazione....

Un governo locale che diventa imprenditore dell'intelligenza collettiva di quel territorio.
Sipario.

Scena 7: Quindi?
Qualcuno dice che, spesso, chi scrive, racconti o romanzi, sul finale è troppo veloce, lasciando nel lettore un senso di incompletezza..... Qui il finale non c'è, deve ancora essere scritto. Quello che segue è solo un abbozzo, un'intenzione di direzione. Il sentiero deve ancora essere tracciato, i sassi tolti, spianato il terreno, i rami tagliati, i ponti sull'acqua costruiti per avere un sentiero degno di questo nome che porti a raggiungere un punto di osservazione da cui vedere panorami nuovi.

Questo racconto è iniziato con una domanda: su cosa investiresti? 

Investirei su una infrastruttura (fatta di rete abilitante, comportamenti, strumenti, regole, format di comunicazione....) per attuare una strategia di formazione continua basata sulla comunicazione tra persone che vada oltre la parola scritta o parlata, che abbia al centro le relazioni umane e le stimoli, dove virtuale non sia più il termine da usare, dove le emozioni passino insieme alla informazioni, che consenta la formazione di gruppi eterogenei per ruolo e competenze che in un certo momento hanno interessi condivisi, che spinga ognuno, singolo o organizzazione, a dare quello che conosce per potere ricevere da altri.

Una infrastruttura che garantisca le regole e i format perché d'abitudine convegni, corsi e ricerche sostenuti da soldi pubblici siano accessibili alla collettività tramite la rete, dove il dato pubblico non solo viene reso disponibile e fruibile, ma anche spiegato e raccontato.... Dove la promozione di un prodotto o servizio diventa momento di formazione per altri. Dove la competizione si gioca sul consenso e sull'autorevolezza. Dove dalla sindrome NIMBY si possa passare alla richiesta IMBY, perché quello che si vuole costruire nel giardino l'ho progettato io insieme ai vicini di casa.

Una infrastruttura che levi il velo della formalità dei rapporti e dei ruoli e lasci scorrere le energie disponibili mantenendo un rispetto maturo di rapporti e ruoli. Dove ognuno possa trovare lo stimolo e il coraggio di cambiare per migliorare perché vede nuovi modelli, nuovi esempi, nuove idee. Dove l'impiego dei "video" di Anderson, o di quello che sarà domani, diventa un metodo, basato sulla persona, per trasmettere e ricevere energia, idee, unità, consapevolezza, condivisione, opportunità, tranquillità, coesione, appartenenza, leggerezza, serenità....

Dove ognuno diventi imprenditore dell'intelligenza collettiva di quel territorio.

Sta già succedendo, ma senza una presa di coscienza e le conseguenti azioni troppi ne rimarranno esclusi: anche grandi competenze, ma con relazioni scarse con la moltitudine generano un basso capitale sociale.
Sipario.

Scena 8: l'infrastruttura all'opera
E' solo una suggestione. Ma senza sogni non c'è speranza.

Luce e oro - Lux aurumque


Il racconto è finito.
Sipario?

5 commenti:

  1. Interessante. Ti seguo fino al punto 3, poi mi pare che il discorso si appesantisca con cose che non servono davvero alla tua argomentazione. Condivido però di nuovo buona parte del punto 6.

    Come hanno fatto a risolvere i problemi di latenza nel video di Lux Aurumque? Mi sa che hanno registrato l'audio dal vivo e poi l'hanno syncato con il montato il video al computer. Comunque l'idea è carina. Ciao!

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  2. La seconda che hai detto! è un montaggio, ma la selezione è la raccolta dei singoli contributi è avvenuta via web (sullo stesso canale you tube c'è il video di istruzioni).

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  3. Mi spiego meglio, nella risposta sono stato precipitoso: il video è una suggestione. Senza una NGN non è possibile ottenere nulla del genere. L'artista ha usato la rete solo per reclutare le voci, ha dato istruzioni per registrare e ha poi montato il video off line. Ma la suggestione del "coro sulla rete" ci fa capire cosa si potrebbe ottenere con una infrastruttura fatta sì di velocità di bit, ma soprattutto di nuovi paradigmi di comunione delle competenze di gruppi di persone. Nel caso specifico c'è poi anche l'aspetto della gratuità: nessuno dei coristi lo ha fatto per danaro.

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  4. Emilbanca fa un convegno su etica e finanzia. Si promette, timidamente, di renderlo disponibile su web. Forse. Se ce la fanno. http://tinyurl.com/44b7kg8
    Se fosse un abitudine, un format, un paradigma condiviso sarebbe più facile anche per loro farlo. Se ci fosse una rete che non blocca i video per ristrettezze di banda lo potrebbero usare altre organizzazioni per competere, per studiarlo, per contribuire al dibattito. Ribadisco: sta succedendo comunque, perché non cavalcarlo come strategia locale? Il software (le idee) valgono di più dello hardware....

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  5. Un "postone" interessante. Grazie per l'attenzione che è stata riservata al mio incontro sulla Pedagogia delle risorse umane. Approfitto per aggiungere due idee: 1) usare l'espressione "risorse umane" quando si parla di educazione o di pedagogia piace poco anche a me ... ma collegare l'idea di educazione o pedagogia quando già si parla di risorse umane può essere letto in modo diverso ;-) , 2) il nostro sistema scolastico farà moltissima fatica a promuovere a 360° le competenze chiave più "raffinate", ma è importante la solleciatazione che legittima i più volenterosi a spingersi oltre ... e genitori e studenti a sollecitare i meno volenterosi.

    Andrea Porcarelli

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